Tre donne, tre storie, tre amori finiti male. Che cos’hanno in comune le protagoniste di Tre donne intorno al Domm, spettacolo in tre atti di (e con) Domitilla Colombo e Danilo Caravà? La risposta giusta è: Milano nel tempo.
Ispirati dai milanesissimi Carlo Porta, Carlo Emilio Gadda e Giovanni Testori, Colombo e Caravà ritraggono tre donne antiche, ma “sempreverdi", nella loro relazione con un uomo. Tra il 1821 e il 1956 corre un secolo e mezzo: molta acqua è passata sotto il Naviglio, ma l’anima di tre donne innamorate (ma anche meschine o disperate) è decisamente contemporanea. Colombo e Caravà ritraggono tre prototipi femminili: in qualcuno di loro possiamo probabilmente riconoscerci.
“Passami il catino”: la Ninetta di Carlo Porta. II 1814 è l’anno della sconfitta di Napoleone: al Verzee (il Verziere, colonna votiva costruita a fine ‘500 per scongiurare un’epidemia di peste, che si trova tra piazza Fontana e piazza Santo Stefano) si tiene come sempre il mercato di frutta, verdura e...prostitute. La Ninetta, innamorata di un balordo, racconta a un cliente come è finita in strada per ripianare i debiti dell’amato (e cinico) figlio del pasticcere: El Pepp. Porta descrive una Milano da poco liberata da Napoleone: è l’anno in cui si apre il Congresso di Vienna (e si chiude il sipario sull‘Europa austro-ungarica). Mentre il popolino vive nella povertà, al Verziere la vita scorre infame: prostitute da pochi soldi, sciatte e malandate come Nina, vendono amore a buon mercato per sbarcare il lunario. E cercano di scongiurare la sifilide. Sesso, amore, degrado e pruderie in salsa dialettale ornano questo bel testo: la versione in lingua italiana è stata censurata fino agli anni ’70.
Una borghese piccola piccola: L’ Adalgisa di Carlo Emilio Gadda. Adalgisa Borella, vedova Biandronni esala inevitabilmente un profumo azzimato di inizio '900: Gadda descrive una milanese piccolo-borghese che avrebbe voluto essere una grande diva: cantante per vocazione, l'Adalgisa sceglie di prendere l’ascensore sociale sposando un benestante. È considerata dalle parenti (serpenti) immeritatamente privilegiata: tutte sparlano di lei ("che volete, sono vipere invidiose che mi vogliono male. Ah, se ci fosse ancora il "povero Carlo", le farebbe tacere quelle meschine!").
Ma, si sa, nella vita non si può avere tutto: così la povera vedova è tenacemente impegnata a difendersi dalle malelingue. E, incidentalmente, a difendere la memoria del defunto"quel benedetto Carlo, che l’amava molto".
Ai margini, in via Mac Mahon: La Gilda di Giovanni Testori. Datato1959, è uno dei racconti del primo periodo letterario, dedicato alla Milano degli emarginati. La Gilda del Mac Mahon è pubblicato in una raccolta dal titolo I segreti di Milano, e contiene la storia della bella Gilda: un cuore tenero in un corpo provocante. Finita sulla strada vicino al Ponte della Ghisolfa, la Gilda ama senza riserve il nullafacente Gino Bonfanti in galera per debiti. E si vende per ripianarli. Ironia della sorte, mentre lo mantiene “come un signore“, scopre che il furfante ha messo incinta la moglie.
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