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Nardino, Annable, "Grasse Matinée"

All'alba, al cimitero, non c'è proprio niente da fare. Babeth (Elizabeth Annable)  e Artemisia (Maria Carolina Nardino), "si affacciano" ogni mattina alla loro bara e cominciano a chiacchierare "in attesa del Giudizio Universale rimandato alle calende greche".

Insomma, ammazzano il tempo.

Già, perché le due protagoniste di Grasse matinée sono morte. Eppure la loro giornata inizia come quella di qualsiasi donna al mondo: scuotere le lenzuola, riassettare, fare colazione e, perché no, un po' di stretching.

Collocate tredici metri sotto la terra umida, Babeth e Artemisia hanno più tempo che vita. Il loro quotidiano è scandito da appuntamenti fissi: il treno passeggeri che passa alle 7.22, il treno merci (delle 8.02), l’aereo che compare in lontananza ("chissà se va a Tokyo?"), il rintocco monotono delle campane e gli sporadici colpi di fucile dei cacciatori.

Piccoli passatempi, ricordi, discussioni su quanto accade nel mondo dei vivi, punteggiano le loro ore. Babeth è scontenta: non riesce nemmeno a poltrire sino a tardi - un piacere che i francesi definiscono grasse matinèe - proprio come quando era viva e suo marito (in piedi sin dall'alba) non la lasciava mai in pace. Babeth, pessimista cronica, si lamenta di tutto, compresa la bara piccola e di bassa qualità comprata dall'ex marito spilorcio.

Artemisia, al contrario, ostenta un incrollabile ottimismo.

La loro diversità e la loro surreale routine diventa per l'autore René de Obaldia, accademico francese e drammaturgo (1918- 2022), occasione per riflettere sulla vita, sulla morte e sul tempo. E per rendere omaggio al teatro dell'assurdo del drammaturgo franco-romeno Eugène Ionesco.





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