top of page

FEDERICA BOGNETTI

ATTRICE

MILANO

Biografia


Si diploma alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi nel 1996, al corso di Teatrodanza. Nel 1999 riceve la menzione d’onore al Concorso Prova d’Attore e nel 2002 ottiene la segnalazione al Premio Hystrio. Negli anni lavora, tra gli altri, con Marco Baliani, Gigi Dall’Aglio, Ruggero Cappuccio e la CompagniaAbbondanzaBertoni. Per quattro anni lavora stabilmente con la compagnia del Teatrodue di Parma. Nell’ultimo decennio si dedica alle sue creazioni: Bar Blues; In Carne & Wireless; Il Giardino, anatomia di una notizia; Mr. Sandman; Il mio nome è Cassandra; Diario di un’attrice, alla ricerca di momenti di essere.

Da sei anni studia con Jurij Alschitz. Frequenta i laboratori annuali all'Attis Theatre diretto da Teodoros Terzopoulos. Inizia un percorso con Tomi Janezic.

SINOSSI - BAR BLUES




A metà tra teatro e cabaret musicale, Bar Blues racconta la storia di un’eroina del quotidiano postbellico milanese. Sullo sfondo delle sfavillanti atmosfere del varietà di quel tempo, la protagonista è una donna che vive alla continua ricerca dell’amore: ripercorre con ironia ricordi dolorosi, delusioni, amori perduti, inganni, incontri con uomini che vanno e vengono, voglie d’amore mai del tutto appagate. È il caso di Gino, uomo furbo e seducente che approfitta di lei per uscire dal carcere e pagarsi i debiti. Malgrado i dolori e le lacrime, la donna attraversa la vita ballando, cantando e seducendo: non a caso, il suo mito è Rita Hayworth.

La voce e il corpo di Bar Blues sono di Federica Bognetti, il sax di Emiliano Vernizzi, le canzoni di Luciano Virgili, Dino Rulli,Tommaso de Filippis, Jeanne Moreau, Dominique Duhamel, Allan Roberts e Mark Gordon. La fisicità disperata e le parole potenti sono ispirate al grande maestro Testori.





SINOSSI - IL MIO NOME È CASSANDRA




All’incontro con l’arte, una verità inconfutabile si impossessa dell’essere umano: non potrà più fare a meno della bellezza o astenersi dalla creazione. Inebriato, l'uomo vorrà raccontare storie con o senza voce, con o senza corpo, con o senza parole. E, se non sarà lui a raccontarle, le vorrà ascoltare. Bisogna spegnere questa voce o lasciare che invada il nostro essere? In questo spettacolo, spin off di In Carne e Wireless (2012), un’attrice denuncia lo Stato per violento abbandono e recita la sua ultima parte lanciando una profezia: la sparizione della voce dell’arte. Il mio nome è Cassandra è uno spettacolo dove creazione, memoria, esperimento e gioco consentono all'attore di esprimersi cambiando punti di vista. Il racconto è come un prisma che mostra le sue innumerevoli facce, mentre l'attore è un griot, un narratore di storie, il sacerdote di un rito collettivo.

L'idea dell'artista che si fa ponte verso l'eternità ci riporta alla Grecia antica, dove il teatro veniva costruito tra il tempio e il mercato e l'attore era simbolicamente e la naturale connessione tra umano e divino. Sul palco di Il mio nome è Cassandra, la protagonista si chiede con Kafka: "Se i sacerdoti del tempio sparissero, potremo ancora ricordare, creare, appassionarci, desiderare?“ E profetizza: "Diventerò come una sirena che ha un’arma ancor più fatale del suo canto: il silenzio”



bottom of page