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Rossella Raimondi

Medea delle case popolari vive alla Barona, periferia di Milano, in un luna park di odori di cous cous e di cipolla, di stendibiancheria appesi alla ringhiera e di storie di vita che si impongono attraverso muri sempre troppo sottili.

Medea è in esilio nel suo stesso condominio, dove si sente la più straniera tra gli stranieri: circondata da 33 inquilini di etnie diverse, è risucchiata da una brulicante umanità.

Decide allora di intraprendere un esperimento mai tentato prima: erigere un muro nel suo monolocale per compiere un atto purificatorio, trovare finalmente il suo equilibrio e attendere la "chiamata" che le consenta di cominciare una nuova vita piena di arte e di bellezza. Un'esistenza nuova, depurata dalla confusione e dal "male", che viene all'esterno. Già perché lo sporco, lo straniero, vengono sempre da fuori.

Comincia così il viaggio in sella al suo stendino, metafora di un traguardo dove la vita è lavata dalla bruttezza e lei può risorgere senza macchia (e senza paura): "Dicono ne basti uno solo per cambiare passato, presente e futuro di tutta la famiglia".

Nel Centro, dove è diretta, l'attende la città ideale, il luogo in cui la sua arte e la sua vita diventano candidi: "Dimmi sono bianca? Sono abbastanza bianca?".

Ispirato alla Medea di Euripide, di Seneca, di Christa Wolf e di Corrado Alvaro, Medea delle case popolari è uno spettacolo interattivo, che chiama costantemente in causa il pubblico:"Voi quando vi sentite stranieri a Milano"?

La bellezza è la meta di questa contemporanea Medea. Ma il viaggio non sarà facile.


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