Biografia
Classe 1947, dal 1963 ha seguito assiduamente tutti gli spettacoli di Strehler al Piccolo Teatro e moltissimi altri in diverse strutture. Nel 2008 si è iscritta alla scuola di recitazione del Teatro Libero, seguendo il triennio regolare, cui ha aggiunto seminari, laboratori, scuola di dizione con diploma, scuola di regia condotta da Corrado D’Elia, scuola di scrittura teatrale alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, condotta da Laura Forti.
Tra i seminari e i laboratori citiamo Stryxs, di (e con la regia) di Mauro Barcellandi;Catastrophique, regia di Monica Bonomi; Cent’anni di solitudine, regia di Tiziana Bergamaschi; Delitto e castigo, regia di Alberto Oliva e Mino Manni; Tutto su Eva, regia di Monica Faggiani; Le voci del male, regia di Monica Faggiani e Paola Giacometti; Diario di uno scandalo, regia di Monica Faggiani; Acido solforico, regia di Monica Faggiani; I figuranti, regia di Tiziana Bergamaschi. Ha frequentato il Seminario di clowneria condotto da William Medini. Al Teatro Libero ha partecipato come professionista allo spettacolo Le nozze dei piccolo borghesi, con la compagnia diretta da Corrado D’Elia.
Nel 2014 è diretta da Alberto Oliva e Mino Manni in Porfirij ultimo atto (da Dostoevskij), seguito da La salita, scritto da Diana Ceni, diretto da Alberto Oliva e Mino Manni; Non sono mica la Madonna, tratto da Antonio Tarantino, regia Oliva/Manni; Gianni, mi senti?, tratto da Massimo Sgorbani, regia Oliva/Manni; Le donne di Bennett, regia di Marisa Miritello; Un atto d’amore, tratto da Annibale Ruccello, regia Alberto Oliva; Ma quale amore, tratto da Antonio Tarantino, regia Mino Manni; Si può uccidere per amore, tratto da Marguerite Yourcenar, regia Alberto Oliva; Ventiduemila ettari (dal drammaturgo Tennessee Williams), regia Alberto Oliva; Una vita da discount, tratto da Massimo Carlotto, regia Fabrizio Kofler; Mater regia e drammaturgia Mino Manni e Marta Oss.
SINOSSI - UNA VITA DA DISCOUNT
Diana Ceni, reduce dall’esperienza di Annibale Ruccello e di Marguerite Yourcenar, mette in scena - con la scrittura di Massimo Carlotto - un adattamento del suo bellissimo racconto Niente più niente al mondo, che analizza in modo crudo il difficile rapporto tra vittime e colpevoli. Una storia di ordinaria (e proletaria) quotidianità. Un monologo sul conflitto generazionale tra genitori e figli, sulla difficoltà di una famiglia operaia di sbarcare il lunario e sui sogni spezzati di una moglie e madre.
SINOSSI - GIANNI MI SENTI?
“Alla fine dell’800 l’inventore del tubo catodico William Crookes, era convinto che, attraverso il suo nuovo strumento, ci sarebbero pervenute le immagini dei nostri cari trapassati”, scriveva il drammaturgo Massimo Sgorbani. Una previsione che, a ben vedere, si avvera ogni volta che l’informazione spedisce i fatti all’altro mondo. "Quando al chiarore dei pixel accendiamo il nostro mortificio quotidiano, quel che va in onda è l’aldilà”.
Dopo i precedenti spettacoli dedicati ad autori come Fëdor Dostoevskij e Antonio Tarantino (in collaborazione con Alberto Oliva e Mino Manni) torna in scena Diana Ceni con il suo nuovo progetto. Questa volta si cimenta con la scrittura di Massimo Sgorbani Gianni, mi senti?, un originale adattamento in forma di monologo de Le cose sottili dell’aria, uno dei testi più belli e inquietanti del pluri-premiato e pluri-rappresentato Sgorbani. Di lui dice Renato Palazzi: ”Massimo Sgorbani è probabilmente uno degli autori più interessanti del teatro italiano di oggi, o quanto meno uno dei più capaci di esprimere una scrittura dal segno forte e crudele, comunque tale da non lasciare lo spettatore indifferente”.
SINOSSI - LA SALITA
"In salita si può smettere di correre, ma non di pedalare: bisogna andare sempre avanti, pedalata dopo pedalata, vivere ogni giorno, con la giusta ironia. Basterà una bicicletta per narrare gioie e dolori di una vita intera? Diana Ceni si racconta a ruota libera in un monologo divertente, nostalgico e pieno di brio. L'autrice ha il dono di far diventare la sua esperienza, così disperata e autobiografica, patrimonio di tutti, medicina per altre ferite" (fonte: www.condominiosolutionseventi.it).
SINOSSI - MATER
"Diana Ceni ha un sorriso che vale tutta una summa theologiae; ha un quarto di luna appoggiato sul viso, a illuminare la notte della coscienza. Sorride, e l’orizzonte di quel sorridere è quasi metafisico. Sembra un’illuminazione interiore, stato dell’essere che filtra da un pertugio, facendo venire voglia, allo spettatore, di aprire quella porta, per vedere pienamente la luce. Quell’incurvatura ha qualcosa di dostoevskjiano, di mariano: emana una misercordia, un senso profondo di compassione per l’altro da sé. Era fatale, sillogisticamente sicuro, che, prima o poi, da attrice, si confrontasse con l’archetipo della madre, della Maria evangelica. Ma, qui, non incarna una Madonna qualunque, un ritrattino agiografico, di fronte al quale appoggiare un lumino commemorativo; piuttosto, un personaggio con il codice genetico emotivo, psichico, spirituale che potrebbe appartenere a una creatura testoriana. È soprattutto carne, carne mischiata, fatalmente impastata e indistinguibile dal vento dell’anima che la agita." (recensione de Il Tearante, a cura di Danilo Caravà)
SINOSSI - SI PUÒ UCCIDERE PER AMORE?
Qual è il vero motivo che spinge Clitemnestra a uccidere? La regina non sa bene contro chi indirizzare la rabbia, la frustrazione e l’angoscia che l’attanagliano. Avvisata della caduta di Troia, sulle prime vorrebbe far fuori Egisto, come se quest’atto bastasse a chiudere in una parentesi l’esperienza dell’adulterio. “E l’adulterio non è sovente che una forma disperata della fedeltà”. Annotazione finissima. Clitemnestra non è tanto (o solo) una Penelope che non è rimasta fedele al marito lontano, quanto una moglie che non sa perdonare: non il tradimento di Agamennone, quanto la sua indifferenza". (Alibionline, di Saul Stucchi)
SINOSSI - UN ATTO D'AMORE
Un travolgente monologo che potremmo definire giallo-rosa, a cui non manca certo l’ironia, e il cui finale non può ovviamente essere svelato. La protagonista vive un amore malato e morboso con un suo superiore d’ufficio che la convince ad andare a vivere con lui. Ossessionata dal possesso, tutto deve essere suo. Non può sopportare che altri si impadroniscano delle sue cose, del suo uomo, della casa in cui lui l’ha accolta (anche se non ha voluto sposarla) e che subito ha considerato sua.
Il vuoto dentro di lei è incolmabile e, alla fine, realizza di non riuscire a riempirlo, neppure con l’azione più estrema. Diana Ceni, dopo essersi messa in gioco con la drammaturgia di Antonio Tarantino e Massimo Sgorbani, dopo avere impersonato la grande regina Clitemnestra, decide di stupirci con un’interpretazione surreale e grottesca, piena di colpi di scena.