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ELISABETTA MISASI

ATTRICE

MILANO

Biografia


Si diploma nel 2011 a pieni voti presso la Scuola D’arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma, conseguendo il premio Manuela Artari come studentessa meritevole. In seguito, lavora con Luca Ronconi per il Piccolo Teatro (In Cerca d’Autore – studio sui Sei personaggi in cerca d’autore di L. Pirandello) con Daniele Nigrelli per il Teatro Stabile dell’Umbria (A Scatola chiusa di G. Feydeau) e con Fabrizio Falco per il Teatro Stabile di Torino (L’illusion Comique di P. Corneille).

Lavora anche con Giacomo Bisordi, Samuele Chiovoloni, Paolo Costantini con cui è nel 2023 al Roma Europa Festival con lo spettacolo: Ho molto peccato: Parlo.

Collabora con l’Associazione Blusclint nello spettacolo Le mani di Hitler sulla figura del filosofo tedesco Martin Heidegger, Storie di F., reading su testi di Antonella Moscati ed Ellen West e come assistente alla regia, nello spettacolo Perle ai Porci.

Nel 2023, sempre per Blusclint, è attrice, autrice regista con Paolo Faroni di Soli, con tutto, spettacolo liberamente tratto da Soli con tutti di Alex Gelman.


 

SINOSSI SOLI, CON TUTTO




Soli, con tutto è liberamente tratto da Soli con tutti di Alex Gelman, un testo del 1982 ancora oggi di straordinaria attualità.

La trama è molto semplice: narra del direttore del reparto spedizioni di una grande azienda il quale, per contrastare gli effetti di uno sciopero generale, affida il turno di notte ad una squadra di operai inesperti. Destino vuole che ci sia un incidente e che uno

degli operai perda le mani. L’operaio, però, non è una persona qualunque, bensì suo figlio. La scena si svolge quindi nel soggiorno di casa, ed il confronto tra moglie e marito non serve ad altro che a portare allo scoperto le fondamenta di un legame familiare

finito da tempo.

Si tratta dell’analisi intima e impietosa di come la moderna società influenzi le relazioni umane e ne modifichi sentimenti e desideri al punto da derivarne una morale prêt-à-porter. I due personaggi si trovano in scena come galli da combattimento. Non hanno chiesto loro di essere lì. La società li ha messi in quel luogo.

I sotterfugi, i piccoli cabotaggi, le bugie che, al di là dell’imperativo ideologico della produzione, all’epoca di Gelman denunciavano la piccolezza dei quadri dirigenti, oggi scivolano nel grottesco, nell’insostenibile leggerezza di meschine apparenze: l’ambizione di oggi non teme più la condanna sociale ma il ritorno d’immagine dei social. Una messa in scena amara, in cui la violenza che anima le parole non esplode ma torna in superficie, come fosse da sempre in attesa del momento opportuno, e cioè del crollo di un castello di carta chiamato famiglia

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