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MONICA FAGGIANI

ATTRICE - DRAMMATURGA

MILANO

Biografia


Si diploma nel 1992 all'Accademia dei Filodrammatici di Milano. Perfeziona la sua formazione con Leo De Berardinis, Federico Tiezzi, Andrea Taddei, Walter Malosti, Elio De Capitani, Peter Clough. Lavora con molti tra i più importanti registi italiani: Sergio Maifredi, Guido De Monticelli, Renato Carpentieri, Marco Baliani, Antonio Latella, Matteo Tarasco, Antonio Sixty, Nanni Garella, Franco Branciaroli, Giulio Bosetti, Massimo Navone, Arturo Di Tullio, Manuel Renga, Cristina Pezzoli, Fabio Banfo, Luigi Guaineri, Alessandro Castellucci, Stefano Cordella, Paola Galassi, Dario Merlini, Alberto Oliva. È interprete del film Si può fare, per la regia di Giulio Manfredonia. Partecipa alla fiction Cuori rubati e alla sit-com Via Verdi 49.

È tra le protagoniste della web-serie Rajel prodotta da Oltre l’orizzonte - Contro-narrazioni dai margini al centro. Dal 2020 è docente di Scrittura creativa per la Scuola di Teatro Factory32. Laureata in Psicologia e diplomata Counselor teatrale, è attualmente impegnata in progetti di Coaching e di Formazione aziendale. È socia fondatrice di Amleta, dove si occupa principalmente di rappresentazione e narrazione del femminile oltre gli stereotipi di genere.

SINOSSI - I BAMBINI CI GUARDANO IL BUIO OLTRE LA SIEPE


Un magnifico pezzo teatrale tratto dal famoso romanzo di Harper Lee, che ormai potremmo definire un classico.

Attraverso gli occhi della giovanissima protagonista Scout, di suo fratello maggiore Jem e del loro amico più caro Dill (ispirato al celebre scrittore Truman Capote, amico d’infanzia di Lee), viene raccontata la storia di una piccola città di provincia dell’Alabama, Maycomb, negli anni ‘30, ai tempi della segregazione razziale, presente in tutti gli Stati Uniti ma particolarmente feroce negli stati del sud.

Accanto all’avvocato Atticus Finch, padre di Scout, sfilano una carrellata di personaggi singolari, magistralmente caratterizzati e tutti interpretati dalle due attrici in scena, sullo sfondo del processo per stupro di un ragazzo afroamericano, la cui innocenza non può cambiare la sua sorte in un paese così fortemente pervaso dal razzismo.

Attraverso l’esperienza dell’ingiustizia e della diversità, Scout modifica la sua percezione del mondo e Lee utilizza la parabola emotiva della sua protagonista per illustrare temi scottanti ancora oggi: il ruolo della donna nella società e le rivendicazioni dei diritti della popolazione afroamericana a pochi anni dal rifiuto di Rosa Parks di cedere il posto in autobus a un uomo bianco e a fronte delle lotte di Martin Luther King e di Malcom X.

Il viaggio di Scout dall’innocenza all’esperienza del male, delle ingiustizie, della paura, dei pregiudizi, è crudele ma non privo di speranza e Scout insegna a tutte e tutti noi che oltre quella siepe può sorgere il sole.



SINOSSI - IO, IN CIMA AL MONTE BIANCO


Il 3 settembre 1838 a 44 anni di età l’alpinista ginevrina Henriette d’Angeville raggiunge la vetta del Monte Bianco, vestita con una gonna , con l’aiuto di un bastone e di dodici persone tra guide e portatori. L’impresa fu commentata con un misto di sorpresa e toni sprezzanti. Una guida di Chamonix al suo ritorno le disse: «Avete avuto il grande merito di andare sul Monte Bianco, ma bisogna convenire che il Monte Bianco ne avrà molto meno ora che anche le signore possono scalarlo».

In molti provarono a scoraggiarla ma la Contessa Avventurosa non solo scalerà senza paura il Monte Bianco ma sarà alla guida della spedizione rifiutandosi di aggregarsi ad altre due spedizioni (ovviamente maschili) in procinto di partire. Si mette in testa che può farcela. E ce la farà. Nel corso dei preparativi e per tutta la durata dell’impresa Henriette registra sul suo quadernetto verde ogni dettaglio dell’avventura, incluse le malignità di cui è bersaglio. È un racconto pieno di verve e ironia (e autoironia) ma emerge anche una grande passione per la montagna e il motivo di tutto: un bisogno, avvertito in fondo all’anima, di compiere una vocazione.

“Non fu la fama meschina di essere la prima donna ad aver arrischiato quel genere di avventura a darmi quell’euforia; fu piuttosto la consapevolezza del benessere spirituale che ne sarebbe conseguito.” Henriette scrive senza ombra di dubbio la prima storia di alpinismo al femminile. La sua grande impresa fu quasi dimenticata ma lei non smise mai di arrampicarsi e di sognare le cime. Scalò altre 21 vette. L’ultima, a 69 anni, fu l’Oldenhorn sulle Alpi Bernesi.




SINOSSI - ALFONSINA CON LA A

Il 10 maggio del 1924, con il numero 72, Alfonsina Strada prende parte al Giro d’Italia, unica corridora in gara. Mai nessuna prima di lei e mai più nessuna dopo di lei. A tre giorni dalla partenza il suo nome compare sulla Gazzetta dello Sport come "Alfonsino Strada di Milano", non si sa se la "a" mancante sia dovuta a un errore o a una precisa volontà.

La storia di Alfonsina Strada nata Morini, detta ‘Fonsina’, anche se oggi poco conosciuta, è una storia appassionante, poetica e struggente. E’ la storia di una donna che per tutta la vita non ha desiderato altro che pedalare e non scendere mai dalla sua bicicletta, sperando così di fuggire lontano dalla miseria delle sue origini e di superare quel limite che la società, la cultura dell’epoca e il suo essere femmina volevano imporle. Con la bicicletta Alfonsina ha imparato la disubbidienza, ha imparato a sfidare i maschi ma sui pedali mai con le mani, senza arrendersi mai. Era ‘il diavolo in gonnella’, le urlavano ‘matta’, ‘vacca’, ‘logia’, ‘non ce la farai’ ma Alfonsina sapeva bene che così facendo non parlavano di lei ma stavano solo mostrando i propri limiti. Non si sognavano minimamente di arrivare là dove lei era già arrivata da un pezzo. “Che se gli esseri umani sono addirittura arrivati sulla luna - diceva - io davvero non posso andare in bicicletta?”

La storia di una donna incredibile, femminista senza saperlo, generosa, visionaria che ha aperto un varco per l’emancipazione sportiva - e sociale - delle donne, di tante donne che sono venute dopo di lei guidate dal suo esempio e dalla sua tenacia. Dalla sua ‘tigna’ come lei stessa la definiva



SINOSSI - QUEL CHE RESTA




L'idea nasce da una riflessione sul mobbing che l'autrice/interprete del progetto sta portando avanti da diversi anni. I dati statistici ci raccontano come questo fenomeno sia in largo aumento e come spesso le vittime non ne siano neanche consapevoli. Questa è una storia di ordinaria follia, come ce ne sono tante, spesso sommerse dall'abitudine e dalla difficoltà di parlarne. E invece queste storie bisogna raccontarle. E poi combattere. Questa vicenda legata al mobbing viene inserita all'interno di relazioni più ampie in cui si giocano dinamiche di potere. Perché si entra in queste dinamiche? È possibile uscirne? Con lucido disincanto e potente ironia, la protagonista cerca di rispondere a queste domande lasciandoci entrare alla sua storia, raccontandoci come ne è venuta fuori e, soprattutto, testimoniando come il mobbing sia una possibilità che può toccare chiunque. Momenti lirici si alternano a momenti di crudo racconto sulle modalità - e sulle conseguenze - del mobbing. E poi ci sono i (numerosi) momenti di comicità, in cui la protagonista si diverte a prendere in giro se stessa, le illusioni e le fragilità del nostro tempo. Si parla e si ironizza sull'amore, sulle speranze per il futuro e sulla capacità di riappropriarsi del proprio destino. La storia di Candy Candy, una semplice fanciulla che diviene Regina degli inferi, è un inno al coraggio e al cambiamento. Il mito di Persefone accompagna la protagonista in un lungo viaggio che parte dal mondo delle fiabe della sua infanzia e arriva all'età adulta, quella in cui matura la consapevolezza delle sue scelte. Uno spettacolo in cui è facile immedesimarsi e che fa riflettere su come sia possibile cambiare ciò che di noi (e della nostra vita) spesso consideriamo impossibile cambiare. 




SINOSSI - AAA CERCASI...




La scena è vuota. Troneggia un microfono solitario che ci trasporta in un’atmosfera anni ’50, ricordandoci la signora Maisel e la sua straordinaria comicità. Una donna elegante arriva sulle note pop di Non sono una signora e inizia a raccontare. E, soprattutto, a raccontarsi. È una madre alle prese con il figlio adolescente e con la trasformazione di un dolce pargoletto in un novello maschio bianco eterossesuale e cisgender. È una madre femminista che non accetta di cadere - cadendoci - in tutti gli stereotipi di genere che da sempre combatte. In bilico tra ironia e tenerezza, Monica Faggiani mina tutte le certezza legate all’educazione dell’amatissimo figlio. Con disincanto e con lo sguardo lucido, ci racconta quanto sia inutile (e dannoso) inseguire l’ideale della mamma perfetta. Di più, dice come sia possibile giocare con i propri errori e con le proprie fragilità con una giusta dose di ironia e di incoscienza. Lo stile è quello della stand up comedy, dove si dissacrano tutti i cliché del nostro contemporaneo e si ride, fino alle lacrime, di questa madre che in fondo, come tutte le mamme, vuole solo che il proprio bambino resti per sempre innamorato di lei.

Un testo graffiante che, dalle manifestazioni femministe degli anni '70 a oggi ripercorre, tra autodeterminazione e cliché, il cammino di una donna alle prese, con i drammi della vita.

Drammi che, se osservati da una nuova prospettiva, diventano potentemente comici.





SINOSSI - A PROPOSITO DI LEI




Francesca è una docente universitaria di successo. Beatrice una wedding planner tra le migliori. Quando quest’ultima scopre che un suo ex amante ha avuto una relazione con Francesca, riversa su di lei tutta la sua rabbia, trasformandosi in una stalker perfetta. L’esistenza di Francesca ne sarà sconvolta:

con un inganno, Beatrice riesce a incontrarla e a entrare nella sua vita: ne nasce una relazione profonda in cui Francesca resta all’oscuro dell’identità dell’altra. Con un colpo di scena, sarà Beatrice a rivelarsi, spiegando i motivi che l’hanno spinta ad agire in quel modo. Il testo attraversa le luci e le ombre della psicologia femminile: il pubblico può via via identificarsi con le ragioni ora dell’una ora dell’altra.

Le autrici spostano il focus su una tematica scomoda e spinosa, donne che odiano altre donne: ce la fai ad ascoltare una rivale che ti ha ferito? Ed è proprio attraverso l’odio che Francesca e Beatrice riusciranno ad attribuire alla parola sorellanza un significato nuovo.




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