Una donna, chiusa dal marito in una stanza per essere curata per un imprecisato malessere, è costretta a confrontarsi solo con la carta da parati gialla che fa da sfondo alla sua prigione. "La carta gialla" è un monologo di (e con) Lisa Gino: tratto dal libro della scrittrice, sociologa e femminista americana Charlotte Perkins Gilman, è scritto tra il 6 e il 7 luglio 1890, e pubblicato sul numero di gennaio 1892 del The New England Magazine.
The Yellow Wallpaper punta il dito contro il dottor Silas Weir Mitchell, da lei consultato per una depressione post-partum: il medico era celebre per avere inventato la rest cure o cura del riposo. In seguito l'autrice gli manderà il romanzo, senza ottenere risposta.
Due anni dopo, il dottore farà marcia indietro sulla sua ”cura”, anche a causa di alcuni casi di suicidio.
Donne "deboli di nervi"
L’isteria è descritta dai testi dell'800 come una malattia femminile che provoca "convulsioni, paralisi, ansia, depressione e mancamenti". La cura del riposo riscuote successo in quel periodo e viene applicata su donne epilettiche, depresse o, a volte, semplicemente sgradite alla famiglia. Pazienti che, se non erano pazze, trovano la scorciatoia per diventarlo: segregate in casa per mesi, a letto, isolate al buio, con l'assoluto divieto di leggere, scrivere e persino lavarsi.
La protagonista del monologo La carta gialla è una donna costretta dal marito medico a vegetare: il premuroso dottore infatti le ha imposto la rest cure, che la tiene prigioniera in una stanza con la sola compagnia dei disegni che si ripetono all'infinito sulla vecchia carta da parati. Clinicamente è archiviata come isterica.
Il termine isteria deriva dalla parola greca, hystéra, cioè utero. Ippocrate, padre della medicina occidentale, definisce l’utero la causa di tutte le malattie femminili: “un corpo asciutto e cavo, predisposto ad assorbire liquido, che espelle con il sangue mestruale. Per questo la donna avrebbe continuamente bisogno del coito, che ha la funzione di riequilibrarne l’umidità. Quando il bilanciamento viene meno, l’utero provoca, dolore, sensazione di soffocamento e di confusione mentale”. L’anticamera della follia, insomma.
Streghe, monache, indesiderate
La storia è disseminata di pregiudizi sulle donne considerate isteriche: misoginia, cultura patriarcale, un’idea primitiva della medicina e della psichiatria, hanno prodotto esperimenti (e danni incalcolabili) su mogli e figlie “diverse” o rifiutate.
Descritte come capricciose, deboli, instabili, le donne "deboli di nervi" possono essere ribelli, violente o irriducibili: alcune, troppo seducenti, altre semplicemente “differenti”. Tutte sono considerate un pericolo per la società o per le famiglie che se ne vogliono liberare. La storia, del resto, è disseminata di donne bollate come streghe, rinchiuse in conventi e manicomi o - come in questo caso - sepolte vive in una stanza.
Considerate proprietà dei loro uomini (accade ancora oggi in molte parti del pianeta), vittime di pregiudizi sociali, isolate per “non nuocere a se stesse”, oggetto di potere e di controllo, le donne “isteriche” hanno suscitato l’interesse di dottori e scrittori dell'800.
Prive di protezione, spesso isolate dalla famiglia, senza sostentamento economico, vengono sottoposte a esperimenti clinici e discriminazioni di ogni genere.
La carta gialla ci regala lo spaccato di una terapia - la cura del riposo - che non lascia spazio alla vita normale. Né al recupero dell’equilibrio.
Gli esperimenti del dottor Mitchell
A cavallo tra '800 e '900 molte pazienti vengono segregate in casa, a letto, isolate, al buio e prive di qualsiasi stimolo per mesi. Le più sfortunate, magari epilettiche o depresse, vengono confinate in manicomio, oppure sottoposte a trattamenti scellerati, come l’isterectomia o l’iniezione di varie sostanze nell’utero. La cura del riposo è un'invenzione del medico americano Silas Weir Mitchell e prevede "il controllo assoluto sulla paziente. Senza condizioni".
Anche nel monologo La carta gialla il tutore è un medico: il marito John è l'insindacabile artefice del destino di una donna rinchiusa “per il suo bene". Dovrà seguire la terapia proposta dal dottor Mitchell: dura da sei settimane a due mesi, con facoltà di prolungare la cura. La paziente è confinata in camera da letto: “Inizialmente, e in alcuni casi per un periodo di quattro o cinque settimane, non permetto alla paziente di sedersi, di cucire o di leggere o scrivere, o di fare attivamente uso delle mani se non per pulirsi i denti".
Nutrita da un'infermiera, la donna "debole di nervi" viene lavata con una spugna nelle parti intime e, solo in alcuni casi, può ascoltare brevi brani di un libro. Stimolata con massaggi e con l'elettroterapia, isolata dai figli, trattata con sonniferi, viene nutrita ogni due o tre ore. Mitchell è convinto che il sovrappeso sia un rimedio naturale contro il sovraffaticamento morale o psicologico: l'incremento di peso è associato all'aumento della quantità e al miglioramento della qualità del sangue. Indizio evidente di buona salute.
Incapace di leggere, scrivere e pensare (e ingozzata come un’oca) la donna mantiene un'unica funzione vitale: essere abbastanza sana per riprodursi.
"Utero vagabondo" e potere
Nell’antichità si crede che certi disturbi siano dovuti a uno spostamento dell’utero nel corpo: il wandering womb o “grembo vagabondo”. I sapienti di tutte le epoche confermano l’intuizione: Ippocrate, per esempio, afferma che la migliore cura per l’isteria è il matrimonio. Dall’antico Egitto alla Grecia, attraverso il Medioevo e il Rinascimento (che processa e brucia donne che confessano sotto tortura di essere “streghe”) si arriva agli albori della psichiatria. La medicina di fine '800 e metà '900 si interessa molto alle “isteriche”: rispettabili dottori ne descrivono i sintomi, propongono cure fantasiose e trascinano pazienti instabili nelle aule universitarie esibendole come cavie ai loro studenti. Nella Parigi dell‘800, le “isteriche” si curano alla Salpetrière che - da ospedale - si trasforma in manicomio femminile. Qui nascono i primi esperimenti di ipnosi che rendono celebre il dottor Charcot.
Le femministe d’inizio secolo, tra le quali Charlotte Perkins Gilman, pensano che molte diagnosi di isteria siano uno strumento per sancire l’inferiorità intellettuale, fisica e morale della donna. Ma, soprattutto, per rinchiuderla, controllarla e renderla dipendente dalla società maschile. Insomma, se le donne sono guidate dal loro utero, devono essere per forza instabili. E, senza un funzionale rapporto con un uomo, possono rischiare di perdere la ragione. Ci sono conseguenze individuali e sociali per la corrente di pensiero che vuole le donne in balia del loro utero. Definite "fatue, leggere, superficiali, emotive, passionali, impulsive, testarde, approssimative, inadatte alla logica", si vedono a lungo negati diritti sociali che oggi consideriamo acquisiti: una vita politica attiva, il lavoro, la carriera accademica e persino il voto.
In Italia nel 1980 la nevrosi isterica viene eliminata dal Manuale dei disturbi mentali, ma il pregiudizio popolare secondo cui il "sesso debole" sarebbe vittima del proprio utero resta vivo: di una donna che sbrocca si dice ancora oggi che "sembra isterica". Al contrario, per le donne di successo è pronto lo stereotipo “sembra un uomo”.
Il romanzo La carta gialla in Italia è edito da Feltrinelli, mentre a breve Mondadori preannuncia l'uscita di una nuova opera di Charlotte Perkins Gilman.
Nel frattempo, chi ama le storie a sfondo storico-clinico può vedere su Raiplay il film Eliza Graves: basato su un racconto di Edgar Allan Poe, è la storia di un’affascinante (e sanissima) internata, di un giovane psichiatra che se ne innamora e dei confini imperscrutabili della follia.
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